LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Letta la dichiarazione di ricusazione proposta da Colosi Antonella,
 nata  a  Messina  l'11  settembre  1974,  con  istanza  depositata in
 cancelleria il 1 luglio 1998, ai  sensi  degli  artt.  37,  comma  1,
 lettere  a) e b), 36, comma 1, lettere c) e g), c.p.p., nei confronti
 del  dott.    Raffaele  Leonasi  e  del  dott.  Ferdinando  Pierucci,
 rispettivamente,  presidente  e  giudice  a  latere  del collegio del
 tribunale di Spoleto che dovra' giudicarla per i reati  di  cui  agli
 artt.  416  c.p.;  81  cpv., 640-bis c.p.; 81 cpv., 110, 640-bis - 56
 c.p.; 81 cpv., 110, 61 n. 2 c.p., 4/d legge  n.  516/1982:  81  cpv.,
 110,  61 n. 2 c.p. 4/d legge n. 516/1982, 81 cpv., 110, 61 n. 2 c.p.,
 1, primo comma, legge n. 516/1982; 81 cpv., 110, 61 n. 2,  367  c.p.,
 reati  tutti  per  i quali il g.i.p., in accoglimento della richiesta
 del p.m., ne ha disposto, con decreto in data 27  febbraio  1998,  il
 giudizio  per  l'udienza  dibattimentale del 18 giugno 1998; visto il
 decreto  presidenziale  del  16  luglio  1998,  con  cui  era   stato
 dichiarata  la  comparizione  delle  parti  avanti a questa Corte, in
 composizione parzialmente diversa,  per  l'udienza  camerale  del  18
 settembre 1998;
   Letto  il processo verbale relativo a detta udienza nel corso della
 quale  la  Corte  ha  disposto,  preliminarmente,  su  richiesta  del
 difensore  della  ricusazione, per ragione di connessione soggettiva,
 l'unione al presente procedimento del procedimento n. 98/1998, avente
 per oggetto un'ulteriore dichiarazione  di  ricusazione  proposta  da
 Colosi  Pietro  e Colosi Antonella nei confronti dell'intero collegio
 giudicante  per  i  motivi  specificatamente  indicati   nell'istanza
 depositata  in  cancelleria  il 3 luglio 1998, nonche' la sospensione
 dei due procedimenti incidentali riuniti e la rimessione  degli  atti
 al  presidente  della  Corte,  per quanto di sua competenza, ai sensi
 dell'art. 41 c.p.p., a seguito  della  dichiarazione  di  ricusazione
 proposta  dalla  Colosi  Antonella  nei  confronti del dott. Giuseppe
 Amato e del dott.  E.S.    Medoro,  rispettivamente,  presidente  del
 collegio e relatore;
   Visto  il  decreto  presidenziale  del 30 settembre 1998 con cui e'
 stata ordinata nuovamente la  comparizione  delle  parti  all'udienza
 odierna;
   Udita la relazione svolta del presidente del collegio;
   Sentiti  il p.m., che ha concluso la propria requisitoria chiedendo
 la  declaratoria   di   inammissibilita'   della   dichiarazione   di
 ricusazione   proposta   dal  Colosi  Pietro  e  Colosi  Antonella  e
 l'accoglimento invece della  dichiarazione  di  ricusazione  proposta
 dalla  solo  Colosi  Antonella,  ed il difensore dei ricusanti che ha
 concluso nei termini trascritti nel relativo processo verbale;
   Esaminati gli atti; ritenuta la propria competenza;
                             O s s e r v a
   Colosi Antonella, a sostegno  della  dichiarazione  di  ricusazione
 proposta con l'istanza depositata in cancelleria il 1 luglio 1998, ha
 dedotto due motivi ed una eccezione di illegittimita' costituzionale.
   Con il primo motivo ha ritenuto di dovere ricusare il dott. Leonasi
 ed  il dott. Pierucci, nella loro rispettiva veste di presidente e di
 giudice a  latere  del  collegio  chiamato  a  giudicarla  presso  il
 Tribunale  di  Spoleto nell'ambito del procedimento penale n. 14/1998
 in quanto entrambi hanno fatto  parte  di  un  altro  collegio  dello
 stesso  tribunale  che l'ha gia' giudicata e dichiarata responsabile,
 con sentenza n. 68 del 16 novembre 1995 (redatta dal  predetto  dott.
 Pierucci),  confermata  da  questa Corte il 7 aprile 1998, di reati -
 quelli previsti a puniti dagli artt. 110, 81 cv. - 640-bis c.p., 110,
 81 cpv. c.p.  4/d della legge n. 516/1982 - riferiti  a  fatti  nelle
 annate  olearie  1992/1993  e che ora costituiscono parte delle nuove
 accuse, estese, con il vincolo peraltro della continuazione, a  fatti
 riferiti  alle  annate  olearie del 1994 e del 1995: ragione, questa,
 per la quale la ricusazione ritiene che nella fattispecie  ricorrano,
 in  via  principale,  le  ipotesi  di ricusazione di cui all'art. 37,
 comma 1, lettera a), in relazione all'art. 36, comma 1, lettera c)  e
 37,  comma 1, lettera b), c.p.p., da interpretare alla luce di quanto
 disposto dall'art.  6, comma 1 della Convenzione per la  salvaguardia
 dei  diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali e di quanto
 stabilito dalla Corte costituzionale con varie sue pronunce,  tra  le
 quali, in particolare, quelle espresse con le sentenze nn. 306, 307 e
 308 del 1997 e 371/1996.
   Con il secondo motivo, la Colosi ritiene che la propria ricusazione
 possa  trovare,  in  subordine,  il  proprio  fondamento nell'ipotesi
 delineata dall'art. 37, comma 1, lettera a) in relazione all'art. 36,
 comma 1, lettera g), c.p.p.
   Infine, qualora i due predetti  motivi  dovessero  essere  ritenuti
 infondati,   ha   sollevato,   in  estremo  subordine,  eccezione  di
 incostituzionalita' dell'art. 37, comma 1, lettera a), c.p.p.,  nella
 parte in cui tale norma non prevede l'incompatibilita' a giudicare di
 chi abbia gia' partecipato ad altro giudizio dibattimentale emettendo
 sentenza di condanna per lo stesso fatto oggetto del nuovo giudizio o
 parte  di  esso,  in  relazione  al  principio  del  giusto  processo
 desumibile dagli artt. 3, primo comma, e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione  e  della  Convenzione  per  la salvaguardia dei diritti
 all'uomo e delle liberta' fondamentali.
   Con la seconda dichiarazione di ricusazione,  proposta  dal  Colosi
 Pietro  e Colosi Antonella con l'istanza depositata in cancelleria il
 3 luglio 1998, entrambi quali imputati del delitto  di  cui  all'art.
 416  c.p. e dei reati connessi, nell'ambito del medesimo procedimento
 pendente  avanti  al  tribunale  di  Spoleto,  hanno  prospettato  un
 ulteriore motivo di incompatibilita' dell'intero collegio giudicante,
 ai sensi dell'art. 34  c.p.p.,  per  avere  tale  collegio  esaminato
 preliminarmente,  in  camera di consiglio, all'udienza dibattimentale
 del 2 luglio 1998, il fascicolo del p.m., a seguito  della  richiesta
 di  patteggiamento  formulata,  a  norma  dell'art.  44  c.p.p.,  dal
 difensore del coimputato Tammaccaro Paolo.
   In subordine, entrambi i  ricusanti  hanno  sollevato  un'ulteriore
 eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  del  predetto  art. 34
 c.p.p., in riferimento agli artt. 3 e 24  della  Costituzione,  nella
 parte  in  cui  tale  norma  non prevede che non possa partecipare al
 giudizio il giudice che abbia preso conoscenza  del  fascicolo  delle
 indagini preliminari.
   Orbene,  cosi'  riassunte,  sinteticamente,  tutte le questioni che
 costituiscono  oggetto  del  presente  procedimento  incidentale,  la
 Corte,   cominciando,   per  ragioni  di  comodita'  espositiva,  con
 l'esaminare la seconda  dichiarazione  di  ricusazione,  ritiene,  in
 conformita' al parere espresso dal pubblico ministero, manifestamente
 infondato il motivo dedotto.
   Per convincersi di cio', e' sufficiente rilevare che da un semplice
 esame degli atti del procedimento penale pendente avanti al tribunale
 di Spoleto, - atti richiesti da questa Corte e trasmessi, in visione,
 da quel tribunale - risultano due precise circostanze inoppugnabili.
   La  prima di tali circostanze e' che effettivamente quel tribunale,
 a seguito della richiesta di patteggiamento formulata preliminarmente
 dal Sostituto processuale  del  difensore  di  fiducia  dell'imputato
 Tammaccaro  Paolo, nel ritirarsi in camera di consiglio per decidere,
 chiese ed ottenne  in  visione  dal  pubblico  ministero  il  proprio
 fascicolo.
   La  seconda  circostanza e' che, a scioglimento della riserva, quel
 tribunale, oltre a restituire al  p.m.  il  suo  predetto  fascicolo,
 emise,  all'udienza  del 2 luglio 1998, un ordinanza riservata con la
 quale "stralcio'" la posizione processuale del Tammaccaro e rimise ad
 altro giudice ogni decisione sulla sua istanza di ammissione al  rito
 alternativo   del  patteggiamento.  Osservo'  a  tal  fine,  in  modo
 particolare,  di  non  potere  provvedere,  esso  stesso,  su  quella
 richiesta  sia perche' cio' avrebbe richiesto un complesso ed attento
 esame  dei  numerosi  atti  processuali  allo  scopo  di   verificare
 l'eventuale  sussistenza  nella  fattispecie  dei  presupposti di cui
 all'art. 129, cpv.,  del  nuovo  codice  di  rito;  sia  soprattutto,
 perche'   l'eventuale  compimento  di  tale  esame,  in  uno  con  la
 conseguente decisione  sulla  richiesta  di  patteggiamento,  avrebbe
 posto  il  collegio  giudicante  nella  condizione di non potere piu'
 proseguire il  giudizio  nei  confronti  degli  altri  imputati,  per
 conseguenti ragioni di incompatibilita' ex art. 34 c.p.p., data anche
 la natura associativa di uno dei reati contestati.
   Queste due puntuali circostanze, rendono, pertanto, evidente che il
 collegio  giudicante del tribunale di Spoleto  - peraltro ricusato in
 blocco  -  al  di  la'  dell'iniziativa  dallo  stesso  adottata   di
 richiedere  e  di  esaminare  in Camera di consiglio il fascicolo del
 p.m., iniziativa che il p.g.,  nella  sua  requisitoria  odierna,  ha
 definito semplicemente inopportuna - non ha assolutamente espresso il
 benche' minimo giudizio nei confronti del Tammaccaro che possa essere
 o  semplicemente  apparire un pre-giudizio nei confronti degli attuli
 imputati ricusanti. Senza dire, peraltro, che tanto  la  Corte  cost.
 quanto  la  Corte suprema di cassazione hanno avuto modo di affermare
 che la  mera  conoscenza  degli  atti  contenuti  nel  fascicolo  del
 pubblico  ministero  non  e'  di  per se stessa ragione sufficiente a
 radicare l'incompatibilita'  al  giudizio,  occorrendo,  invece,  una
 valutazione  di  merito  circa  l'idoneita'  delle  risultanze  delle
 indagini  preliminari  a  fondere  un  giudizio  di   responsabilita'
 dell'imputato.  (Corte  cost. sent.  n. 124/1992 - sent. n. 186/1992;
 Corte Cassazione sez. III - sent.  n. 10487 del 5 ottobre 1994  Pres.
 Accinni  G.  rel.  Siena  F. imp. Iorio Peretto; p.m. Marchesiello in
 C.E.D.).
   Quanto,  poi,  all'eccezione  di   illegittirnita'   costituzionale
 dell'art.    34 c.p.p., sollevata, in subordine, con la dichiarazione
 di  ricusazione  esaminata,  la  Corte  ritiene  opportuno  valutarla
 assieme   all'altra  eccezione  formulata  con  la  dichiarazione  di
 ricusazione proposta esclusivamente da  Colosi  Antonella,  apparendo
 logicamente necessario esaminare prima i motivi dedotti a sostegno di
 quest'ultima ricusazione.
   In  ordine  a  tali  motivi,  giova  premettere  che la circostanza
 dedotta dalla ricusante e' risultata storicamente vera, nel senso che
 effettivamente la Colosi Antonella e'  stata  chiamata  nuovamente  a
 rispondere   avanti   al   tribunale   di  Spoleto,  nell'ambito  del
 procedimento penale n. 14/1998, in parte, di fatti - quelli  sussunti
 nei  capi  d'imputazione  contrassegnati  dalle  lettere b), n) ed o)
 della rubrica, aventi per oggetto, il primo, il reato p. e  p.  dagli
 artt.  81  cpv.,  110 e 640-bis c.p., in concorso con Colosi Pietro e
 Colosi Antonino, e gli altri due, il reato p. e  p.  dagli  artt.  81
 cpv.,  110,  61  n. 2 c.p. e 4/d della legge n. 516/1982, in concorso
 con il padre Colosi Antonino  -  per  i  quali  ella  e'  stata  gia'
 giudicata e condannata dallo stesso tribunale che, composto, in parte
 dal  due  attuali  giudici ricusati, ha emesso il 16 novembre 1995 la
 sentenza n. 68, confermata da questa Corte il 7 aprile 1998.
   Le nuove imputazioni elevate nei confronti della  Colosi  Antonella
 (oltre  che  degli imputati con la stessa concorrenti) la riguardano,
 inoltre, nella medesima veste di affittuaria, prima, di gestore, poi,
 e di titolare, in ultimo, del Frantoio Oleario "Giovanni  Valenti"  e
 si  riferiscono  ad asserite condotte criminose poste in essere nelle
 campagne olearie del 1992 e del 1993,  gia'  considerate  nell'ambito
 del  primo  processo  conclusosi  con  la  sopra  citata  sentenza di
 condanna.
   Tali  condotte  appaiono,  infine,  nei  relativi  capi   d'accusa,
 contestate  in forma continuata, al sensi dell'art. 81 cpv. c.p., con
 altre condotte realizzate nel corso delle campagne olearie del  1994,
 1995 e 1996.
   Detto  cio',  la  Corte ritiene, pero', che i fatti evidenziati non
 integrino le ipotesi di ricusazione denunciate.
   Non sembra ricorrere infatti, l'ipotesi di cui all'art.  37,  comma
 1,  lettera a), in relazione art. 36, comma 1, lettera c), c.p.p., in
 quanto, nella fattispecie in esame, i due giudici ricusati non  hanno
 dato  consigli  ne'  manifestato  il  loro  parere  sull'oggetto  del
 procedimento fuori dall'esercizio delle funzioni giudiziarie ma hanno
 fatto parte di un collegio giudicante  che,  nel  pieno  e  legittimo
 esercizio  della  giurisdizione  penale,  ha  emesso  una sentenza di
 condanna  nei  confronti  della  Colosi (e degli altri coimputati), a
 conclusione pero' di un distinto processo, avente per oggetto "parte"
 dei fatti ora nuovamente all'esame dello stesso tribunale di Spoleto.
   Per le medesime ragioni non sembra  ricorrere  -  ad  avviso  della
 Corte  -  neanche  l'ipotesi di cui all'art. 37, comma 1, lettera b),
 c.p.p., in quanto non vi e' stata, da parte dei due giudici ricusati,
 alcuna indebita manifestazione del loro convincimento  nell'esercizio
 delle loro funzioni e prima della pronuncia della sentenza che dovra'
 concludere il nuovo processo tuttora in corso.
   Non  sembra  ricorrere,  infine,  neanche l'ipotesi di cui all'art.
 37, lettera a) in relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), c.p.p.,
 in quanto ci si trova dinanzi a due procedimenti formalmente distinti
 ed aventi per oggetto, il secondo, fatti piu' estesi di  quelli  gia'
 giudicati  nell'ambito  del primo procedimento con la citata sentenza
 n. 68 del 1995.
   Ne' la Corte ritiene  di  potere  accogliere  la  dichiarazione  di
 ricusazione in esame sulla base della nota sentenza n. 371/1996, pure
 invocata  dal  difensore  dei  ricusanti  come  ulteriore argomento a
 sostegno delle proprie richieste. Cio' in quanto, con tale  sentenza,
 la  Corte  costituzionale,  nel  ravvisare  un  ulteriore  profilo di
 incompatibilita'  dell'art.      34,   c.p.p.,   ne   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  nella  parte  in cui tale norma non prevede che non
 possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice
 che  abbia  pronunciato  o  concorso  a  pronunciare  una  precedente
 sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di
 quello  stesso imputato in ordine alla sua responsabilita' penale sia
 gia' stata comunque valutata: situazione questa - ad avviso di questa
 Corte - diversa da quella in esame ed alla quale essa non puo' essere
 sovrapposta, essendo, notoriamente, le norme sull'incompatibilita'  e
 sulla  ricusazione  non suscettibili ne' di interpretazione estensiva
 ne' di interpretazione analogica.
   Ed, allora, cosi' stando  le  cose,  la  Corte  ritiene  di  dovere
 accogliere  la  seconda  eccezione  di  illegittimita' costituzionale
 sollevata dalla difesa dei  ricusanti,  in  quanto  essa  presenta  i
 requisiti  indispensabili  della  non  manifesta infondatezza e della
 rilevanza per la decisione del presente procedimento incidentale.
   L'art. 34, comma 2,   c.p.p., nella parte in  cui  tale  norma  non
 prevede  che  non  possa partecipare al giudizio il giudice che abbia
 gia'  emesso  una  sentenza  di  condanna  per  fatti   che   vengano
 successivamente  a  fare  parte di altri ed ai quali essi sono legati
 dal vincolo della continuazione, nell'ambito di un  nuovo  e  diverso
 procedimento,  nello  stesso  grado  e  nei  confronti  del  medesimo
 imputato, sembra infatti contrastare  con  il  principio  del  giusto
 processo,  desumibile  dagli  artt.  3, comma 1, e 24, comma 2, della
 Costituzione.
   In  forza  di  tale   principio,   cosi'   come   elaborato   dalla
 giurisprudenza costituzionale, il giudice non solo non deve essere ma
 non   deve   neanche   apparire  condizionato  dalle  sue  precedenti
 valutazioni  nei  confronti  delle  parti.  tali  da  fare  risultare
 pregiudicata  la  sua posizione di terzieta'. Al riguardo e appena il
 caso di avvertire: a) che il principio di eguaglianza e'  espressione
 di  un generale canone di coerenza che condiziona tutto l'ordinamento
 nella sua obiettiva struttura (Cfr. Corte cost. 25/1966 e  204/1982).
 Il  principio  di ragionevolezza" comporta che la legge deve trattare
 in  maniera  eguale  situazioni  eguali,  ed in maniera razionalmente
 diversa situazioni diverse;  b)  che  il  diritto  costituzionale  di
 difesa,   per  essere  effettivamente  tutelato  richiede  che  siano
 assicurate l'imparzialita' e l'indipendenza del giudice  (Cfr.  Corte
 costituzionale  94/1975),  sicuramente compromesse tutte le volte che
 il giudice abbia gia' emesso una sentenza di condanna per fatti-reati
 correlati ad altri fatti-reati, sia pure nell'ambito di  un  nuovo  e
 diverso procedimento e nei confronti del medesimo imputato.
   Queste considerazioni appaiono, peraltro, ancora piu' valide ove si
 tenga  ulteriormente  presente  che  la Colosi Antonella ed il Colosi
 Pietro sono stati altresi' chiamati a  rispondere,  assieme  al  loro
 padre  Colosi  Antonino,  dinanzi  al tribunale di Spoleto, anche del
 delitto di associazione per delinquere finalizzata  alla  commissione
 di  plurimi  reati  di  emissione  e  utilizzazione  di  fatture  per
 operazioni inesistenti nonche' di plurimi reati di  truffa  aggravata
 per  il  conseguimento  di pubbliche erogazioni, in Spoleto e altrove
 nel 1992/1996, periodo, quindi, sicuramente comprensivo  anche  degli
 stessi reati gia' giudicati con la sentenza 68/1995 relativa ai fatti
 1992-1993.